Quali sono i libri che non funzionano e perché?
Quando ci si vuole cimentare nella scrittura di un libro, soprattutto di un romanzo, è normale cercare quali siano le regole da rispettare nella stesura. Esistono in effetti tecniche diffuse che possono aiutare nella creazione di una storia, ma spesso si tratta di norme troppo rigide, da seguire quasi alla lettera, che sopprimono l’istinto creativo dello scrittore. Qualche indicazione da rispettare in effetti c’è, ma è importante anche far sentire la propria voce scrivendo con spontaneità e originalità. Scopriamo dunque perché un libro non funziona analizzando quali siano gli errori più comuni tra gli aspiranti scrittori.
Perché un libro non funziona: l’ispirazione e la scaletta
Un primo punto che bisogna sempre considerare quando si inizia a scrivere un libro è l’ispirazione: da dove arriva? Sicuramente nella scrittura non si può prescindere dall’esperienza personale: ciò che vediamo e ascoltiamo ci dà inevitabilmente un suggerimento nella creazione di una storia, anche inverosimile. Guardarci intorno ci permette di cogliere informazioni sul tempo in cui viviamo, sul comportamento delle persone, sulle abitudini. Infatti i lettori sono molto più coinvolti se hanno la possibilità di riconoscersi nelle situazioni e nei personaggi descritti.
È evidente però che un racconto tutto incentrato sugli episodi di vita dell’autore diventerebbe un’autobiografia. Si sconsiglia soprattutto agli scrittori emergenti di evitare questa opzione: le biografie che più interessano ai lettori sono quelle di coloro che conoscono bene, come le celebrità. Il percorso più corretto è rappresentato da una rielaborazione della realtà e degli eventi vissuti creando un racconto che rimandi all’universalità dell’esperienza umana, in modo che i lettori possano immedesimarsi nella storia ed empatizzare con i suoi protagonisti.
Per arrivare a questo risultato, molti trovano utile rispondere ad alcune domande prima di iniziare la vera e propria scrittura: da che punto di vista voglio raccontare? In prima o terza persona? Come inizia e come deve finire la storia? Una modalità valida è quella della scaletta, che facilita il processo di scrittura. L’obiettivo è ricordare tutto ciò che accade per evitare contraddizioni o errori nel corso della vicenda, soprattutto se l’intreccio diventa complesso. Una scaletta dettagliata può essere usata come guida per delineare i passi successivi, senza creare contrasto con quanto si è già detto: i lettori si accorgono benissimo delle incongruenze ed esse possono essere il motivo per cui il libro non funziona.
Perché un libro non funziona? Alcuni aspetti da tenere conto
È difficile esaurire l’argomento in pochi paragrafi, ma sicuramente nella struttura di un racconto figurano alcuni elementi da tenere conto per cercare di creare una storia coinvolgente, coerente e apprezzata dai lettori.
I personaggi
Tra gli ingredienti fondamentali di una storia figurano i personaggi, a cui i lettori devono imparare ad affezionarsi. Essi devono dunque avere una personalità spiccata e differente, riconoscibile e ben definita. Molti aspiranti scrittori tendono a esaurire la descrizione delle figure tra le prime pagine, abbandonandosi a lunghe enunciazioni dei loro dettagli fisici e caratteriali. Ecco, si tratta di uno degli errori più comuni.
Quando si presenta un personaggio i suoi pregi e difetti, così come le sue caratteristiche fisiche, vanno menzionate a poco a poco, lasciando emergere un dettaglio alla volta in modo indiretto. Così, nel corso della storia, il lettore imparerà a conoscere i protagonisti e le loro particolarità dal modo di parlare e comportarsi. Abitudini, tic, slang particolari: sono tutte sfumature apparentemente insignificanti ma fondamentali per dare la visione più credibile e completa possibile. Dunque vietato generalizzare: una persona descritta a grandi linee, soprattutto se sempre bella e vincente, spesso crea noia.
I dialoghi
Il dialogo è uno dei punti più ostici per gli aspiranti scrittori. Infatti la tendenza più diffusa è quella di rischiare di far parlare i personaggi un po’ come dei libri stampati. Riprodurre una conversazione realistica è davvero difficile, poiché bisogna ragionare sulle caratteristiche dell’oralità pur lavorando su un testo scritto. Si consiglia dunque di non usare termini ostici o troppo letterari, a meno che la circostanza non lo richieda. Se un lettore percepisce un dialogo come artefatto perde interesse nel racconto e se ne distacca, non si riconosce in esso.
Dunque un buon consiglio è quello di aggiungere elementi del parlato tipici del territorio, della situazione, dell’età e della classe sociale del personaggio. Non dimentichiamoci infatti che ciò che una figura dice contribuisce a dare di lei un’immagine sempre più precisa e caratteristica. Esprime spesso un moto interiore da parte dell’interlocutore. Se un dialogo è ben costruito la storia sarà molto più credibile.
Le descrizioni e lo “show don’t tell”
È inevitabile che in un racconto vengano inserite delle descrizioni. Esse sono necessarie, soprattutto per dare l’idea di un ambiente o di una situazione. Come detto per la caratterizzazione dei personaggi però, è importante che siano sparse nella storia evitando di raggrupparle tutte in un unico punto: in questo modo si insinuano aspettative e curiosità nel lettore, soddisfatti poco alla volta. Inoltre una descrizione troppo lunga interrompe il flusso narrativo, creando una parentesi spesso difficile da leggere e dunque evitata.
Una tecnica molto amata nella rappresentazione di personaggi, luoghi o episodi è lo “show don’t tell” (letteralmente: mostra, non raccontare). Consiste nel non raccontare gli avvenimenti ma farli accadere, non dicendo com’è un personaggio ma mostrando cosa fa. È decisamente meglio per un lettore vedere una scena drammatizzata: in questo modo è lui a intuire indirettamente ciò che si cela dietro a questa rappresentazione. Se anziché dire “la palestra era sporca” o “Elena è intelligente” si descrivono gli angoli del luogo e i pensieri della persona, è tutto molto più convincente e coinvolgente. Si offrono dunque al lettore dettagli da cui elaborare un’interpretazione. Certo, sarebbe più facile dire le cose come stanno, ma si tratterebbe comunque di letteratura?
Dopo la scrittura: cosa non fare
Infine, alcuni piccoli errori spesso compiuti dagli esordienti ma che potrebbero pregiudicare il funzionamento del libro. Essi sono connessi al destino del manoscritto dopo l’effettiva scrittura. Infatti ciò che bisogna evitare a ogni costo è considerare la prima bozza un lavoro finito, sottovalutando l’importanza di un occhio esterno.
Invece è fondamentale che qualcun altro legga prima della pubblicazione. Si può trattare di un beta reader, ovvero di un semplice lettore appassionato che descrive le proprie impressioni con schiettezza indicando macro modifiche sulla trama. Oppure può essere pagato un editor e correttore di bozze, ovvero un professionista che si occupa di andare a caccia di refusi ed errori grammaticali, sistemando anche la struttura delle frasi per renderle più scorrevoli. In ogni caso, quando un libro non è stato letto se non dall’autore si vede: il lettore se ne accorge perché qualcosa non funziona.
Katia Tenti. Copyright © 2022 All rights reserved.
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